Chiesa e media in mezzo al “guado”. Un fiume, quello dello scandalo della pedofilia nella Chiesa, da attraversare, unendo le forze, ognuno nel suo specifico ruolo. Lo ha spiegato ieri all’Istituto Veritatis Splendor di Bologna padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa vaticana dal 2006 al 2016, ai giornalisti che hanno partecipato al corso di formazione organizzato da Ucsi e Ordine regionale sul tema “La deontologia nel rispetto della notizia e dei lettori: il caso pedofilia nella Chiesa”: “Viviamo oggi un cambiamento di cultura sul tema degli abusi nella chiesa – ha detto-, del quale dobbiamo essere protagonisti: da un atteggiamento di nascondimento a uno di consapevolezza e verità. Occorre aprire gli occhi, riconoscere questi reati nella loro gravità e aiutare la società a prenderne coscienza e a reagire in modo lungimirante. In questo la comunicazione ha un ruolo, quello di fare cultura”.
Occorre, certo, affrontare gli scandali, “governarli” dal punto di vista comunicativo, ma questo, ha esplicitato padre Lombardi, è solo un aspetto: “E’ piuttosto un lavoro di lungo periodo: creare la mentalità e la cultura della prevenzione”, con “forza, coraggio, pazienza, costanza”.
Anche per la Chiesa, d’altra parte, la scoperta della vastità e della gravità del fenomeno abusi “è stata uno shock”. E i media hanno avuto un ruolo determinante nel processo di presa di coscienza e consapevolezza, nel far venire alla luce il fenomeno. “Non dobbiamo però aspettarci dai media che trattino queste cose con distacco – ha analizzato padre Lombardi -. il loro ruolo è quello della denuncia”
L’esempio del cambio di cultura e mentalità che si diceva, per padre Lombardi nella Chiesa deriva da Papa Benedetto XVI, il papa del quale è stato più a lungo portavoce: “Da lui ho imparato a non dare il primato all’immagine. Benedetto è un uomo di verità e quella ha sempre messo al primo posto, pagandone il prezzo: ad esempio con le conseguenze delle denunce”. L’ex direttore della sala stampa cita, a questo proposito, un passaggio della Lettera agli irlandesi nella quale il pontefice dice di essere “grato” ai giornalisti per il loro “servizio alla verità” e aggiunge che “se non ci fosse stato il male nella Chiesa, non avrebbero potuto rivolgerlo contro di essa”.
Ai media ecclesiali, padre Lombardi chiede quindi di essere “decisi nel promuovere la verità: mai dire consapevolmente qualcosa di falso”. E inoltre “non tacere sui fatti”, “evitare il gusto dello scoop e l’accanimento che è distruttivo” ma di non abdicare a quel “ruolo educativo”: “Per essere credibili come educatori/formatori dobbiamo essere i primi a coinvolgere le comunità, i media per parlare con oggettività di questi temi. Siamo comunicatori per costruire comunità”, ha aggiunto.
Ha esortato, poi, tutta la Chiesa a proseguire in questo cambiamento culturale con “fiducia, senza scoraggiarsi e con speranza. E’ una battaglia da portare avanti con quella costanza e radicalità che nascono dal Vangelo, alla luce della speranza cristiana”. Anche perché, puntualizza il gesuita, “Non siamo all’anno zero: sono stati fatti protocolli di formazione, ormai abbiamo una storia, e abbiamo capito che sono responsabilità terribili. E ci sono anche tante esperienze positive di prevenzione nelle diocesi che vanno fatte conoscere”
Essenziale però è anche, ha concluso, è una “purificazione della memoria per favorire il cammino verso il futuro, a partire dall’ascolto delle vittime. “Su questo c’è ancora strada da fare”.
Dello stesso cambiamento di cultura, aveva parlato nei saluti introduttivi monsignor Lorenzo Ghizzoni, arcivescovo di Ravenna-Cervia e presidente nazionale del Servizio Tutela Minori della Cei: “Nel 2019 con la pubblicazione delle Linee guida c’è stata una grande svolta. La priorità è diventata l’accoglienza e l’ascolto delle vittime, con l’impegno alla denuncia e alla segnalazione alla magistratura e la presa in carico per il procedimento canonico”. Da allora, segnala l’arcivescovo, “abbiamo visto crescere il numero di processi canonici: c’è stata una reazione dei vescovi, una responsabilizzazione. Resta invece il tema della comunicazione, su due fronti: come comunicare la notizia di un abuso ai media ma anche come comunicarla internamente, ai fedeli”.
Su questo, ha annunciato monsignor Ghizzoni, il Servizio nazionale è al lavoro per la pubblicazione di un sussidio su “come essere trasparenti, senza drammatizzare, né sminuire i fatti. Anzitutto ci interessa la vita delle vittime, delle loro famiglie e delle loro comunità”.
Tra i relatori del pomeriggio di formazione c’era anche Michele Partipilo, consigliere nazionale dell’Ordine dei giornalisti che illustrando i principi di base delle carte deontologiche professionali su questi temi ha sottolineato: “Quando rispetto la dignità delle persone di cui mi occupo, costruisco anche la dignità del mio lavoro”.
Infine, Maria Elisabetta Gandolfi della rivista Il Regno ha fatto un excusus dei casi di pedofilia nella Chiesa e della eco che hanno avuto nei media, ha analizzato le “lezioni” che queste tragiche storie hanno rappresentato per il mondo ecclesiale: “Anzitutto – ha spiegato – questi casi ci dicono che, come media ecclesiali, corre farsi ponte tra vittime e istituzione creando spazi per l’ascolto delle vittime”. “Nel far questo però è importante non trattare la pedofilia come un’emergenza. Noi non siamo una fortezza e non dobbiamo difenderci dalla verità. Ma nemmeno alimentare il caos mediatico”. “Infine, occorre anche una certa formazione. Il materiale per parlare di questi temi ormai è abbondante: per tutti noi che operiamo nei media, serve uno sforzo di formazione”
Fonte: https://risveglioduemila.it/2022/04/padre-lombardi-ai-giornalisti-sugli-abusi-nella-chiesa-siamo-a-un-cambiamento-di-cultura-dovrete-esserne-protagonisti/